Supply chain: tre aziende su 4 aumentano gli investimenti in digitalizzazione ma per l’88% è allarme cybersicurezza
Una tempesta perfetta che sta durando tre anni. Lo scenario pandemico, il conflitto in Ucraina e il conseguente innalzamento dei prezzi delle materie prime, l’aumento del costo del trasporto delle merci e quello legato all’inflazione, con la contestuale minaccia di recessione economica, stanno continuamente ridisegnando lo scenario globale della supply chain. La volatilità della domanda e il contesto macroeconomico mai così imprevedibili hanno scardinato il settore mettendo in difficoltà le aziende di tutto il mondo: secondo il report di Deloitte “Meeting the challenge of supply chain disruption” l’80% delle organizzazioni ha subito almeno un’interruzione sulla supply chain negli ultimi 12-18 mesi con il 50% che ha affermato di aver avuto ripercussioni significative su produttività aziendale e profitti. La sfida per il futuro è capire in che modo ricostruire un nuovo modello della catena d’approvvigionamento più resiliente, data driven, basato sui flussi di lavoro intelligenti e, naturalmente, sostenibile. La tecnologia avrà il ruolo di grande protagonista: secondo la ricerca MHI Annual Industry Report 2023 il 74% delle aziende aumenterà gli investimenti destinati alla tecnologia che porteranno a un’importante crescita globale del settore della digital supply chain. Per Allied Market Research, infatti, il comparto nel 2022 valeva oltre 5 miliardi di dollari e raggiungerà i 13,67 miliardi nel 2030 con un tasso di crescita annuale del 13,2%. “Solo attraverso una digitalizzazione di tutte le fasi della catena del valore è possibile creare un sistema d’approvvigionamento in grado d’affrontare le nuove disruption del mercato. Qualità e governance dei dati assumeranno una valenza prioritaria perché permetteranno alle aziende di migliorare lo scambio elettronico delle informazioni aumentando efficienza e velocità”, spiega Luca Musso, Chief Technology Officer di Primeur Group, azienda multinazionale italiana leader nella tecnologia della data integration presente in 28 Paesi in tutto il mondo.
In quali ambiti la tecnologia andrà a costruire la supply chain del futuro? Le soluzioni per i nuovi tool per l’ottimizzazione dell’inventario e della rete di logistica e distribuzione sono l’ambito in cui avverranno i principali investimenti visto che entro i prossimi 5 anni questi programmi avranno un tasso di adozione dell’87%; seguono le tecnologie cloud con l’86% e gli strumenti per l’identificazione automatica con l’84%. Rimangono indietro tecnologie più rinomate come l’intelligenza artificiale e la blockchain che entro i prossimi 5 anni verranno utilizzate rispettivamente dal 73% e 68% delle aziende. Un corretto reperimento e utilizzo dei dati avrà un ruolo cruciale per armonizzare tutte le nuove tecnologie e avere costanti flussi d’informazioni per la creazione di una rete di fornitura end-to-end integrata. Per migliorare lo scambio elettronico delle informazioni sia all’interno dell’organizzazione, sia con i partner commerciali (fornitori, società di logistica e trasporti, destinatari che possono adottare standard differenti) è necessaria una tecnologia che consenta di centralizzare e monitorare la trasformazione delle informazioni e convertirle nel formato più idoneo per la funzione aziendale che dovrà utilizzarlo. “La data integration sarà parte fondamentale della supply chain del futuro. Le aziende si trovano a dover gestire dati che arrivano da fonti eterogenee poiché ogni entità coinvolta utilizza le proprie applicazioni e quindi produce o necessita di ricevere dati in un determinato formato. Pensiamo solamente al fatto che, secondo il report State of Supply Chain Management 2022, l’80% delle aziende non riesce a tracciare digitalmente il movimento delle proprie merci: è evidente che occorra un nuovo approccio per accelerare la trasformazione digitale della supply chain”, illustra sempre Luca Musso.
In uno scenario in continua evoluzione e pieno d’incognite non sorprende che le principali priorità delle aziende che operano nella supply chain siano a breve termine. Secondo il “PwC Digital Trends in Supply Chain Survey 2022” l’aumento dell’efficienza e la riduzione dei costi della supply chain sono le voci che hanno raccolto la gran parte delle preferenze rispetto ad altri aspetti che riguardano l’organizzazione del lavoro più a lungo termine come il reskilling digitale della forza lavoro e le iniziative di corporate social responsibility e sostenibilità. Sul fronte delle preoccupazioni il 46% degli intervistati ammette che sono i costi delle spedizioni ad allarmare maggiormente gli operatori seguito dai problemi relativi ai fornitori che stanno faticando a soddisfare le domande degli ordini. Questi problemi a loro volta si traducono in sfide in uscita: il 31% degli intervistati ha citato l’incapacità di adempiere ai contratti in corso come una delle principali preoccupazioni operative. Se, da una parte, le tecnologie digitali sono un fattore abilitante per gli obiettivi di resilienza della supply chain, dall’altra parte presentano anche delle criticità: sempre secondo il report Deloitte l’88% delle aziende nutre preoccupazioni in merito a questioni di cybersicurezza a causa della fragilità dell’ecosistema di sicurezza della supply chain. “La sicurezza della movimentazione ed elaborazione dei dati rappresenta un aspetto di fondamentale importanza. In questo contesto l’integrazione dei dati è imprescindibile perché consente di armonizzare l’integrazione dei dati tra le realtà coinvolte nella supply chain, rendendo più efficiente lo scambio d’informazioni e assicurando controllo, qualità e sicurezza dei processi”, spiega sempre Musso.
Vediamo quali saranno i principali trend di questo settore nel futuro secondo un’analisi condotta da Espresso Communication per Primeur sulle principali testate internazionali:
L’effetto frusta indica un incremento della variabilità della domanda alla base della supply chain: basta infatti una piccola variazione all’inizio della catena per provocare un effetto amplificato all’altra estremità. Le oscillazioni di prezzo avute sulle materie prime e le difficoltà nella gestione degli ordini potrebbero avere un effetto amplificato durante quest’anno.
Il passaggio dal prodotto a servizio arriverà anche alla supply chain: le nuove tecnologie digitali permetteranno la valorizzazione della componente del servizio offrendo un prodotto a maggior valore per tutta la filiera. Attuare questo cambiamento, però, significa modificare i processi organizzativi interni aziendali e solo grazie alla trasformazione digitale si potrà evolvere il business aziendale verso nuovi obiettivi.
Secondo la ricerca di IBM “The resilient digital supply chain” le aziende riconoscono la tecnologia della data integration come prima azione prioritaria per costruire una supply chain sempre più intelligente. Secondo il 73% delle organizzazioni l’integrazione di dati da fonti differenti è l’aspetto principale per costruire una mentalità data-driven per tutta la supply chain.
Grazie alle nuove tecnologie le supply chain stanno diventando sempre più innovative ma anche più complesse. Per questo il confine tra colletti blu e bianchi è sempre più labile: le operazioni di produzione e la catena d’approvvigionamento necessitano di competenze sia fisiche sia tecnologiche e la trasformazione digitale non può rimanere isolata e necessita di lavoratori preparati e competenti.
Nel 2023 i criminali informatici useranno strategie più sofisticate per infiltrarsi nei sistemi delle catene d’approvvigionamento. Come riportato da Deloitte, l’88% delle aziende nutre preoccupazioni in merito a questioni di cybersicurezza e la supply chain offre diverse opportunità per introdursi nella rete tramite le apparecchiature di magazzino o tramite dispositivi Internet of Things.
Secondo il report Pwc, il 66% degli intervistati ritiene i regolamenti e i cambiamenti normativi nei diversi paesi la sfida ESG più importante al centro della supply chain nei prossimi anni. Oltre a questo viene citato il rischio connesso ai fornitori con il 58% e la creazione di report ESG affidabili.
Le tensioni geopolitiche hanno visto le nazioni diventare più scettiche sulla cooperazione internazionale. Vista la carenza di materie prime diverse nazioni stanno esplorando l’autosufficienza nazionale nella fornitura di materiali e nella produzione. Il termine “friend-shoring” si riferisce alla costruzione di legami commerciali con paesi che la pensano allo stesso modo e geograficamente vicini.
Lascia un commento