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In uno scenario di grande incertezza, le esportazioni italiane hanno ripreso a crescere in termini di valore, mostrando un trend positivo che continua parzialmente anche nei primi mesi del 2023. In questo contesto, il commercio digitale genera nuove opportunità di sviluppo e ha un ruolo centrale nelle strategie di export delle imprese italiane. L’export digitale italiano dei beni di consumo in maniera diretta o intermediato nel 2022 ha raggiunto il valore di 18,7 miliardi, in crescita del 20,3% rispetto al 2022, per un aumento annuo di circa 3 miliardi di euro, raggiungendo una quota pari all’8,8% dell’export italiano complessivo. I settori più rilevanti sono il Fashion, 10,1 miliardi di euro, il 54% del totale, il Food & Beverage, 2,6 miliardi di euro, +18,2% rispetto al 2021, e l’Arredamento, 1,3 miliardi di euro, in crescita del +13% rispetto al 2021.

Sul fronte del commercio tra aziende, invece, l’export digitale B2B ha raggiunto nel 2022 il valore di 175 miliardi di euro, in crescita del 20% rispetto ai 146 miliardi del 2021, pari a circa il 28% del totale dell’export italiano. In termini di incidenza, i settori che pesano di più sono l’Automotive, il Fashion e la Meccanica, ma le crescite maggiori si riscontrano nel Farmaceutico, nell’Elettronica di consumo e nel Fashion.

In questo contesto, però, le PMI italiane presentano strategie di export digitale ancora poco mature, con forti inefficienze nell’uso dei canali di vendita digitali, delle tecnologie per l’export e dei cruscotti di indicatori per valutare dei progetti di internazionalizzazione.

Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano*, presentata durante il convegno online “Export digitale: Cultura e Consapevolezza contro l’incertezza”.

“Nonostante lo scenario economico negativo, nel 2022 le esportazioni italiane sono cresciute notevolmente, più per l’aumento dei costi di produzione e dei prezzi che dei volumi: se i brand italiani non hanno osservato un aumento degli ordini cross-border, sono comunque riusciti a mantenere le loro quote di mercato – spiega Riccardo Mangiaracina, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Export Digitale -. In un contesto turbolento, il canale online rappresenta un’opportunità non ancora pienamente compresa dalle PMI per raggiungere mercati lontani, conoscere meglio i propri clienti e ottimizzare i processi di vendita. Oggi, più che mai, è necessario creare cultura e diffondere conoscenza per agire con consapevolezza in una strategia di Export digitale”.

“Il nostro tessuto imprenditoriale sconta i limiti di una ridotta disponibilità di risorse e scarse conoscenze sul digitale – dice Samuele Fraternali, Direttore dell’Osservatorio Export Digitale -. Servono governance definita e competenze tecniche per realizzare progetti di internazionalizzazione, oltre a un maggiore ricorso ai finanziamenti e alle misure di sostegno all’internazionalizzazione. Le istituzioni, le università, le associazioni di settore e professionali possono avere un ruolo determinante nell’accelerare la trasformazione digitale e favorire l’esportazione del Made in Italy”.

Il 2023 presenta con uno scenario economico globale incerto, dopo tre anni caratterizzati da ampie fluttuazioni. Le stime delle principali istituzioni economiche indicano una crescita del PIL globale pari al +3,4% nel 2022 e una previsione per il 2023 intorno al +2,6%. L’inflazione mondiale è in calo nei primi mesi del 2023, ma rimane ancora relativamente elevata e potrebbe protrarre le politiche monetarie restrittive per alcuni mesi. Queste incertezze, insieme con le tensioni geopolitiche ed economiche, hanno impattato sull’andamento del commercio mondiale che nel 2022 ha registrato aumenti contenuti.

In Italia, nel 2022 il valore delle esportazioni ha ripreso a crescere, sfiorando i 625 miliardi di euro. Crescono praticamente con lo stesso tasso sia i beni di consumo sia i prodotti intermedi. Crescono meno i beni strumentali mentre cresce a un tasso notevolmente superiore l’energia. Nei primi mesi del 2023, il tasso di crescita è ancora positivo, ma ad essere sempre determinante è prevalentemente l’aumento generalizzato dei prezzi di vendita e non dei volumi esportati.

“Nonostante lo scenario abbastanza negativo, le esportazioni italiane a valore sono cresciute notevolmente nell’anno passato a fronte di un cambiamento marginale in volume spiega Lucia Tajoli, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Export Digitale -. C’è stato anche un parziale riorientamento geografico dei flussi, con Russia e Cina in calo, a fronte di una crescita degli USA e una tenuta del mercato europeo. Complessivamente, la tenuta delle esportazioni italiane a valore, a fronte della turbolenza sui mercati, indica un buon mantenimento della competitività internazionale del Paese, che però deve ancora recuperare alcune posizioni arretrate rispetto ai partner in termini di digitalizzazione delle imprese e degli scambi”.

L’Osservatorio ha elaborato un indicatore per identificare i Paesi di maggiore interesse per l’export digitale italiano, tra 20 principali economie mondiali. Ai primi posti, in questa particolare classifica, si trovano Stati Uniti, UK, Germania, Svizzera e Francia, una classifica che rispecchia l’attuale elenco dei principali Paesi destinatari dell’export complessivo italiano. Proseguendo nel ranking, emergono Paesi come Singapore, Canada e Corea del Sud grazie a ottimi punteggi in ambito commerciale, infrastrutturale e amministrativo. Importanti partner commerciali, come la Spagna, si posizionano più in basso nel ranking per basse performance economiche e regolamentari e una penetrazione del mercato e-commerce contenuta.

L’Osservatorio ha sviluppato una mappatura per misurare il livello di maturità su 6 aree funzionali che caratterizzano una strategia di export digitale, da cui emerge che la maggioranza delle PMI si colloca in stadi iniziali di maturità per molte delle dimensioni indagate. I livelli di digitalizzazione più bassi nell’adozione di canali di vendita digitali, nell’uso di tecnologie a supporto dell’export e nell’utilizzo di cruscotti di indicatori strutturati per la valutazione dei progetti di internazionalizzazione. Questo fenomeno può essere spiegato da una scarsa propensione alla digitalizzazione, frutto di una carenza di competenze sui temi dell’innovazione digitale e tecnologica e di una cultura aziendale ancorata ai paradigmi del passato, nonché da una limitata disponibilità di risorse da allocare. Al contrario, la maggiore maturità si ritrova nel marketing & comunicazione e nella governance del progetto.

L’Osservatorio Export Digitale, nell’ambito del progetto “E-nternationalization” sviluppato dal Ministero dello Sviluppo Economico e da Invitalia, ha analizzato la relazione tra export, innovazione, e supporto pubblico. I risultati dello studio evidenziano che esiste una relazione positiva tra export e innovazione e che gli incentivi pubblici nazionali e regionali sono positivamente correlati all’adozione di ciascuna di queste strategie di crescita nelle PMI, anche se emerge un possibile effetto di “spiazzamento”.

“L’export tradizionale è associato maggiormente a innovazioni di prodotto e di processo, mentre l’export digitale alle innovazioni organizzative e di mercato – spiega Stefano Elia, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Export Digitale -. Il supporto pubblico, pur essendo positivamente correlato a ciascuna di queste strategie di crescita, può generare, tuttavia, un possibile effetto di distorsione delle risorse nelle PMI, in quanto le imprese che accedono a fondi pubblici e che implementano contemporaneamente export (digitale o tradizionale) e innovazione, tendono a concentrarsi maggiormente su una delle due strategie a discapito dell’altra. Quindi, le politiche per l’erogazione di fondi pubblici alle PMI non dovrebbero essere standardizzate e la concessione di incentivi dovrebbe essere accompagnata da servizi non finanziari volti a potenziare le capacità gestionali e manageriali, ad esempio corsi di formazione e capitale umano”.

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